Un cliente che non risponde più e scompare dai contatti lascia lo studio in una situazione concreta: scadenze da rispettare, documenti da custodire, responsabilità che restano sul tavolo. Succede a molti colleghi, spesso in momenti critici della vita aziendale o familiare del cliente, e richiede decisioni rapide ma giuridicamente fondate. La prima mossa non è emotiva: è comunicare per iscritto, usare il domicilio digitale indicato nel mandato e fissare una data oltre la quale le prestazioni saranno sospese. Questo approccio tutela il professionista e segna il confine tra obblighi professionali e rischio operativo. Un dettaglio che molti sottovalutano: senza prova di avvenuta comunicazione non si può dimostrare l’interruzione del servizio in caso di contestazioni.
Quando sospendere il rapporto
La regola pratica è chiara: al manifestarsi dell’irreperibilità del cliente è opportuno sospendere le prestazioni e inviare una comunicazione formale al domicilio digitale previsto dal mandato. Questo passaggio non è solo formale: stabilisce il momento da cui il professionista non garantisce ulteriori adempimenti se il cliente non ricontatta lo studio entro termini definiti. Chi lavora in contabilità o consulenza fiscale lo sa bene: mantenere i servizi in assenza di istruzioni può esporre il commercialista a rischi professionali e a richieste di responsabilità .
Nel testo della comunicazione è utile indicare chiaramente le attività sospese, il recapito utilizzato e un termine ultimo per la risposta. Se il mandato contiene clausole specifiche sul recesso o sull’invio di documenti, è il caso di ricordarle. Un dettaglio che molti sottovalutano è la conservazione della prova d’invio: la ricevuta di PEC o la raccomandata rendono la scelta meno contestabile.

Serve poi una valutazione pratica sulle scadenze fiscali imminenti: per alcuni adempimenti è possibile limitarsi a un’informativa pubblica o a una sospensione selettiva, mentre per altri bisogna prevedere soluzioni alternative per evitare sanzioni al contribuente che, se verrà rintracciato, potrebbe comunque rivolgere contestazioni. Lo raccontano i tecnici del settore: la prudenza documentale è la prima difesa.
Conservazione della documentazione
La normativa civilistica impone al commercialista l’obbligo di conservazione decennale della documentazione contabile; ciò significa che, a prescindere dalla reperibilità del cliente, i documenti non possono essere eliminati prima del termine previsto. In pratica, se il cliente scompare senza revocare formalmente l’incarico, lo studio rimane depositario delle scritture e deve custodirle secondo le regole professionali e le disposizioni di legge. Un fenomeno che in molti notano soprattutto in studi con clientela storica: perdere contatti non equivale a cancellare responsabilità .
Questo obbligo riguarda sia i documenti cartacei sia le copie elettroniche, con particolare attenzione alle modalità di archiviazione e alla sicurezza dei dati. Le polizze assicurative professionali, le procedure interne per l’accesso ai file e la tracciatura degli inventari possono fare la differenza in una verifica o in un contenzioso. Un dettaglio che molti sottovalutano è la necessità di mantenere la documentazione in formato leggibile e accessibile per l’intero periodo di conservazione.
Prima del decorso del decennio la distruzione dei documenti viene generalmente considerata rischiosa: il professionista potrebbe trovarsi a dover rispondere per omissione o per impossibilità di dimostrare correttezza nelle operazioni svolte. Per questo motivo gli studi prevedono procedure di archiviazione e piani di retention che restano validi anche quando il cliente non è più presente. È una scelta di prudenza che tutela sia il commercialista sia eventuali terzi interessati.
Revoca dell’incarico e comunicazioni all’agenzia
La situazione cambia se il cliente ha formalmente revocato l’incarico prima di rendersi irreperibile. In questo caso entra in gioco una norma che disciplina la comunicazione della cessazione del depositario delle scritture contabili: se il contribuente non provvede a dichiarare il nuovo depositario entro 30 giorni, il professionista deve avvisarlo mediante PEC o raccomandata che, trascorsi i termini, comunicherà la cessazione all’Agenzia delle Entrate. Il depositario, una volta assolto l’onere informativo, ha poi a disposizione ulteriori 60 giorni per trasmettere la comunicazione all’Amministrazione finanziaria.
Per rendere concreto il meccanismo si può fare un esempio: se in data 20 gennaio il cliente A revoca il mandato al consulente B, il cliente A ha l’obbligo di comunicare la variazione del depositario entro il 19 febbraio mediante i modelli AA9/12 o AA7/10. Se non lo fa, B dovrà inviare un avviso tramite PEC o raccomandata e potrà trasmettere la comunicazione all’Agenzia entro il 19 aprile. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è quanto i termini serrati possano impattare sulle comunicazioni di routine.
La PEC rappresenta un’alternativa efficiente: il professionista può informare direttamente l’Agenzia delle Entrate con una comunicazione nella quale dichiara l’avvenuta cessazione del rapporto di depositario. È buona prassi conservare copia di ogni invio e del relativo protocollo per dimostrare l’adempimento. Questi passaggi, modelli e fac-simile utili sono spesso inclusi nei kit professionali e negli strumenti di governance degli studi, a supporto di una gestione che rimane sempre documentale e tracciabile.
